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LOGOPEDIA: QUANDO ANDARE DAL LOGOPEDISTA?

Ottobre 3, 2018 in Centro logopedia milano, Disturbi.Logopedia, Esercizi logopedia, logopedia milano, logopedista milano, Milano, psicologia milano da admin


Diagnosi DSA Asl Milano.
Intervista Dott.ssa Anna La Guzza per DonnaModerna.

Logopedia: quando e perché andare dal logopedista

In quali casi e perché è necessario portare il bambino dal logopedista?

Si sente spesso parlare di logopedia e, a volte, i genitori restano spaesati quando viene consigliato loro di portare i figli dal logopedista.

Poi, vi sono quelle mamme e quei papà preoccupati perché il piccolo non parla oppure distorce le parole e i suoni. Abbiamo intervistato la dott.ssa Anna La Guzza (psicologa e direttrice di Amamente, Centro Psicologico e Logopedico a Milano), per fare chiarezza sul concetto di logopedia, sui suoi obiettivi e sulle sue modalità.

  • Cos’è la logopedia

La prima domanda che abbiamo posto alla dott.ssa La Guzza, riguarda proprio lo stesso significato di logopedia e i suoi campi di applicazione.

«La logopedia è la branca della medicina che si occupa di studiare il linguaggio e le sue eventuali problematiche.

Non sempre, infatti, l’apprendimento del codice linguistico è per il bambino un percorso semplice e senza ostacoli, a volte possono esserci difficoltà, ritardi o intoppi che solo la logopedia e i suoi specialisti possono aiutare a riconoscere e a superare, grazie all’ausilio di specifiche strategie. Il logopedista, in équipe multidisciplinare, può intervenire nei percorsi di abilitazione neuropsicologica qualora siano presenti disturbi specifici di apprendimento, come la dislessia » spiega l’esperta.

«Il logopedista è, infatti, il professionista sanitario che si occupa della prevenzione, della valutazione e della riabilitazione deidisturbi della voce, della comunicazione, del linguaggio in età evolutiva, adulta e geriatrica attraverso programmi riabilitativi individuali o di gruppo.

Il suo principale compito è proprio quello di potenziare il linguaggio, correggendo difetti di pronuncia o veri e propri disturbi legati alla verbalizzazione» continua la Dott.sa La Guzza.

L’esperta specifica, inoltre, che le problematiche più comuni dell’età evolutiva riguardano principalmente i ritardi dello sviluppo del linguaggio, i difetti di articolazione e di pronuncia, la povertà lessicale e inerente alla strutturazione della frase o alla narrazione (scritta e orale). Ma non solo, in età evolutiva possono anche presentarsi problemi organici di deglutizione deviata, detta deglutizione atipica.

  • Campanelli d’allarme.

Abbiamo poi chiesto alla dott.ssa La Guzza, quali siano i segnali rintracciabili in età evolutiva, che possano rendere necessario l’intervento di un logopedista.

«L’apprendimento del linguaggio è un processo molto soggettivo. Le linee guida ci dicono che un bambino di due anni dovrebbe saper pronunciare dalle 100 alle 200 parole circa, oltre ad alcune frasi semplici.

Se il piccolo per esempio pronuncia meno di 50 parole, è consigliato un controllo per intercettare precocemente, e superare, eventuali difficoltà» spiega l’esperta.

«Un bambino di 4 anni invece, oltre a comunicare regolarmente e chiaramente, dovrebbe riuscire a pronunciare correttamente tutti i suoni della lingua. Se così non è, diventa opportuno chiedere l’intervento del logopedista. In linea generale, possiamo affermare che molti bambini “parlatori tardivi” recuperano spontaneamente eventuali difficoltà, collocandosi tra i tre e i quattro anni nella media per competenze verbali. Una piccola parte di essi invece ha bisogno di un aiuto esterno, senza il quale potrebbe maturare un ritardo del linguaggio e/o un conseguente disturbo del linguaggio (che sarà possibile determinare con esattezza attorno i 3-4 anni di età). Un intervento di consulenza o potenziamento precoce può, in alcuni casi, servire a prevenire difficoltà future che diversamente verrebbero diagnosticate tardi» continua la dott.ssa La Guzza.

  • Come funziona la logopedia

In pratica, in cosa consiste la logopedia?

Abbiamo domandato all’esperta quali siano le modalità d’intervento del logopedista e come lo specialista, poi, interagisca con educatori e insegnanti.

«Le  sedute dedicate ai bambini sono molto divertenti e utilizzano lo strumento del gioco. Grazie alla collaborazione dei genitori(che possono essere coinvolti per poter apprendere gli esercizi per casa), è possibile recuperare in breve tempo le difficoltà» afferma la dott.ssa La Guzza.

«Il logopedista fa “da ponte”, ovvero fornisce a educatori e insegnanti informazioni cliniche, strumenti pratici e strategie per permettere al bambino di affrontare e superare  le difficoltà che incontra nell’apprendimento e nella comunicazione, valorizzando i suoi punti di forza» continua l’esperta.

«A tal proposito, Il logopedista può produrre una relazione senza fini diagnostici ma esclusivamente valutativi. Grazie alla collaborazione in équipe con figure abilitate alla diagnosi dei disturbi del linguaggio (psicologo e neuropsichiatra infantile), sarà possibile intraprendere un percorso di valutazione neuropsicologica, che potrebbe produrre una certificazione valida per la scuola» conclude la dott.ssa Anna La Guzza.

L’esperta sottolinea, dunque, l’importanza di rivolgersi a centri abilitati e competenti, in grado di identificare precocemente possibili difficoltà e sostenere la famiglia nel suo complesso.

Di Serena Allevi

Logopedia per l’infanzia e l’adulto a Milano

http://m.donnamoderna.com/mamme/scuola/logopedia-quando-

serve

Tag: DIFFICOLTÀ DI LINGUAGGIO, RITARDO DEL LINGUAGGIO, BALBUZIE, DEGLUTIZIONE ATIPICA, LOGOPEDISTA MILANO

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EDUCAZIONE DEI BAMBINI CON INTELLIGENZA EMOTIVA

Ottobre 1, 2018 in Milano, psicologia infanzia da admin

L’educazione dei bambini con l’intelligenza emotiva.

I bambini più equilibrati e sereni, più sicuri di sé, migliori a scuola e anche i più felici, sono quelli con l’intelligenza emotiva più sviluppata.

Cioè quell’intelligenza che sta alla base dell’autocontrollo, dell’attenzione verso gli altri e dell’empatia.

Sono i risultati di uno studio, durato diversi anni, effettuato dallo psicologo americano John Gottman. Un altro importante risultato della ricerca di Gottman è che questa intelligenza non è innata, ma si può imparare. E gli insegnanti migliori sono i genitori, che possono diventare dei veri e propri allenatori emotivi.

“I nostri studi dimostrano che i figli emotivamente allenati ottengono migliori risultati a scuola, stanno meglio in salute e stabiliscono reazioni più positive con i coetanei. Hanno anche minori problemi di comportamento e riescono a riprendersi più rapidamente dopo esperienze negative. L’intelligenza emotiva permette di essere più preparati ad affrontare i rischi e le sfide della vita” dice lo psicologo.

A partire da questa scoperta Gottman, nel libro “Intelligenza emotiva per un figlio” (Bur), ha messo a punto una guida per insegnare ai genitori a diventare dei bravi allenatori emotivi per i loro figli.

Il genitore deve accettare le emozioni negative dei figli ma non i comportamenti.

Il concetto di allenamento emotivo si basa sulla la capacità di immedesimarsi nei nostri figli, di provare empatia nei loro confronti. “Sfortunatamente l’allenamento emotivo non viene naturale a tutti i genitori solo per il fatto di amare i propri figli” dice Gottman.

Il genitore allenatore è quel genitore che riesce sempre a mettersi nei panni del figlio, che nelle emozioni, anche negative, vede un’occasione di crescita, e che di conseguenza riesce a gestire i momenti di crisi con maggior pazienza, accettando e ascoltando tutti i sentimenti del figlio anche rabbia, tristezza, paura, senza minimizzare, sottovalutare o deridere queste emozioni.

Certo però non è un genitore permissivo: accetta i sentimenti, ma non i comportamenti, che se sbagliati vanno corretti.

Anche se tendenzialmente Gottman sostiene che i bambini allenati emotivamente finiscono per comportarsi meglio dei figli di genitori troppo permissivi o troppo autoritari per tre ragioni:

1) I bambini che hanno la sensazione che i genitori li comprendano e siano davvero interessati alla loro vita non hanno bisogno di recitare e fare scene per attirare la loro attenzione;

2) I bambini allenati emotivamente fin da piccoli imparano a calmarsi da soli e riescono a rilassarsi anche sotto stress;

3) Il legame emozionale tra genitori e figli diventa più stretto e i bambini sono più ricettivi nei confronti delle richieste dei genitori, sono più disposti a compiacere che a deludere.

Nella sua guida  Gottman spiega come diventare buoni allenatori emotivi in cinque passi:

1) Prima di tutto cercate di capire se dietro il comportamento sbagliato di un bambino c’è un disagio, come una gelosia tra fratelli, un inserimento scolastico difficile …

Quando un bambino è arrabbiato, teso, spaventato, il genitore deve fare uno sforzo per immedesimarsi in lui e capire che cosa può aver generato quest’emozione. Un bambino di tre anni non può dire “mi spiace mamma di essere noioso e capriccioso, ma il trasferimento al nuovo asilo mi ha molto stressato”… E’ quindi compito dell’adulto sforzarsi di capire cosa c’è dietro e guardare il quadro generale.

Magari un bambino si comporta male perché geloso del fratellino, oppure è teso per l’ingresso alla materna, magari si è spaventato perché ha sentito un litigio tra i genitori o ha respirato qualche tensione in famiglia. “Quando vi accorgete di provare quello che prova vostro figlio, ecco che state provando l’empatia, che è al fondamento dell’allenamento emotivo. Quando siete sintonizzati sull’emozione del figlio potete passare alla fase successiva.

2) Considerate il momento di crisi di vostro figlio come una buona occasione per allenarlo emotivamente

Quando vostro figlio scoppia in lacrime, oppure è rabbioso o noioso, anziché innervosirvi e farvi travolgere da emozioni negative, state tranquilli e pensate a questo momento come una grande occasione per allenare vostro figlio emotivamente. Un altro atteggiamento assolutamente da evitare è ignorare o sminuire le emozioni negative  pensando che passino da sole o che non siano importanti. I bambini hanno invece bisogno di imparare a capire quello che provano sentendoselo dire dai genitori e per non crescere con delle insicurezze hanno bisogno di sentirsi compresi.

Il  consiglio di Gottman è imparare a riconoscere le emozioni prima che sfocino in crisi. Cercate di risolvere insieme i problemi prima che scoppino. Ad esempio se il vostro bimbo è teso per la prossima visita dentistica, è meglio parlare di questa paura il giorno prima della visita e non aspettare la crisi di pianto nello studio dentistico; Se un bambino rompe un giocattolo mostrate subito interesse e preoccupazione, così imparerà che siete alleati e potete collaborare ed eviterà di fare una sceneggiata.

3) Ascoltate i sentimenti di vostro figlio senza giudicare né dare soluzioni

Quando siete ben consapevoli che il momento di crisi di vostro figlio è un’opportunità per insegnare e risolvere i problemi allora siete pronti per la fase più importante: l’ascolto empatico. Sedetevi alla sua altezza, parlate in modo rilassato, dedicate del tempo, dimostrate di capire quello che prova ed evitate critiche. La cosa più importante in questa fase è riconoscere il sentimento dei figli e non dare soluzioni o contraddirli pensando di minimizzare un problema.

Ad esempio: una mamma vede la sua bambina triste e le chiede che cosa ha. La bimba racconta che all’intervallo le sue amiche non giocano più con lei. La mamma d’istinto le direbbe di non preoccuparsi e di giocare con altre. Ma questo sarebbe come dire che il suo è un problema futile e sminuire l’emozione di tristezza della figlia. Per essere empatica la mamma deve ascoltare bene tutta la storia della figlia,  indagare su quello che prova facendo domande, tipo: “Questo problema ti fa star male, vero?”.

4) Aiutare il bambino a trovare le parole per definire le emozioni che prova

Una fase estremamente importante dell’allenamento emotivo, consiste nell’aiutare i bambini a dare un nome alle emozioni che stanno provando. “Fornire ai figli le parole può aiutarli a trasformare una sensazione amorfa e sgradevole in qualcosa di definibile e quindi con confini ben precisi, come ogni altro normale elemento all’interno della vita quotidiana. La collera, la tristezza e la paura diventano così espressioni comuni a tutti e che tutti sono in grado di gestire.” dice Gottman.

“Il bambino così non solo si sente compreso, ma ora ha anche una parola per definire il suo stato d’animo”. Studi specifici hanno dimostrato che dare un nome alle emozioni ha un effetto rasserenante sul sistema nervoso e aiuta i bambini a uscire più in fetta dalle situazioni di turbamento. Quindi per essere bravi allenatori emotivi dovete aiutare i piccoli a sviluppare un vocabolario con cui esprimere le emozioni. Continuando con l’esempio di prima, dopo aver bene ascoltato la storia della bambina la mamma  può dire “anch’io ci rimarrei male se le mie amiche si comportassero così”, “capisco che tu sia triste”.

5) Porre dei limiti ai comportamenti sbagliati e aiutare il bambino a trovare da solo la soluzione al problema

Dopo aver riconosciuto l’emozione che sta dietro un comportamento sbagliato, esservi messi nei panni del piccolo, aiutarlo a dare un nome a quello che prova, ora dovete fargli capire che se anche il sentimento e l’emozione negativa sono comprensibili certi comportamenti sono inaccettabili. E’ infatti compito dei genitori porre dei limiti a capricci e comportamenti sbagliati o pericolosi.

Ad es: “ Sei infuriato perché il tuo amico ti ha preso il giocattolo. Anch’io sarei arrabbiato. Ma non va bene che lo picchi. Che cosa potresti fare invece?” oppure “Va bene sentirsi geloso di tua sorella. Ma non va bene dirle quelle cose cattive. Non riesci a pensare a un altro modo di affrontare questi sentimenti?”.

Gottman si raccomanda che nel riprendere un bambino, il genitore agisca in modo fermo ma senza ledere la dignità del piccolo. Da evitare quindi sculacciate e altre punizioni umilianti. Può funzionare l’esclusione temporanea (allontanare il bimbo finché non si è calmato) ma bisogna farlo con molta sensibilità, quindi senza usare atteggiamenti bruschi o urla.

Una volta che avete fermato le urla e i pianti del bambino, dovete aiutarlo a risolvere il problema.

Prima di tutto chiedete al bambino che cosa vorrebbe. “E’ importante, tuttavia, astenersi da un intervento troppo pressante. Se volete veramente che vostro figlio si impadronisca delle conclusioni, dovreste incoraggiarlo a generare da solo le sue idee”.

Per aiutare un bambino piccolo a trovare da solo la soluzione al problema che lo affligge potreste inscenare un gioco di fantasia, come usare delle bambole e sceneggiare le due versioni di una soluzione (quella giusta e quella sbagliata). Ad esempio: due bambole possono essere coinvolte nella lite per un giocattolo. Nel primo scenario, la bambola afferra il giocattolo senza nemmeno chiederlo. Nella seconda, la bambola chiede di poter prendere il gioco e propone all’altra bambola di giocare insieme.

Con ragazzi più grandi potete mettervi insieme a pensare diverse soluzioni, anche scrivere una lista su un foglio e poi depennare quelle che non gli piacciono.

Una tecnica per aiutare a visualizzare una soluzione è stabilire dei rapporti tra trionfi passati e futuri. “Potete ricordargli un obiettivo già raggiunto e poi incoraggiarlo a visualizzarlo, cercando di ottenere qualcosa di nuovo con un successo analogo”.

Ad esempio, una bambina che non va volentieri alla materna perché non si trova bene a giocare con una compagna, le si può dire: “Vedo che questo problema ti fa stare male… Ti ricordi qualche altra volta che ti sei sentita così?”. La bimba potrebbe rispondere: “Sì, quando un compagno mi tirava i capelli”. A questo punto le si può chiedere che cosa aveva fatto in quella situazione, in questo modo la bimba visualizza come aveva risolto con successo quel problema e l’aiuta ha trovare una soluzione analoga.

Una volta che un bambino propone una o più soluzioni voi potreste aiutarlo a valutare qual è quella giusta chiedendogli: “Pensi che funzionerà?” “Come pensi di sentirti dopo? Come si sentiranno gli altri?”.

Utile è raccontare come avete affrontato voi problemi simili da piccoli e che cosa avete imparato da quella esperienza.

Infine se vostro figlio propende per una soluzione per voi sbagliata, ma comunque innocua, fategliela pure mettere in pratica. Così se fallirà potrete incoraggiarlo a saggiare un’altra opportunità. Inoltre la soluzione sbagliata di un problema aiuta i bambini a analizzare i loro errori e i piccoli imparano molto dai loro sbagli.

Centro di Psicologia logopedia autorizzato a Milano

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Fonte

https://www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-3-6-anni/psicologia-3-6-anni/educazione-bambini-con-l-intelligenza-emotiva

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ESERCIZI DI LOGOPEDIA PER BAMBINI

Agosto 19, 2018 in Centro logopedia milano, Disturbi.Logopedia, Esercizi logopedia, logopedia milano, logopedista milano, Milano da admin

Logopedia:

Esercizi di logopedia e consigli per i genitori.

Centro Logopedia per Adulti -Bambini Autorizzato DSA Milano

http://www.milanologopedista.it

https://www.centropsicologicomilano.it

Diagnosi precoce Logopedia

Lo sviluppo delle abilità comunicative nel bambino, insegna la logopedia avviene assai rapidamente: già a partire dalla prima infanzia e prima della comparsa della prima parola.

La logopedia dell’età evolutiva individua varie tappe dello sviluppo linguistico del bambino e l’età media in cui queste vengono  effettivamente raggiunte.

Tempi di acquisizione del linguaggio che variano ampiamente da bambino a bambino e che dipendono non solo dalle abilità innate di quest’ultimo, ma anche dall’ambiente linguistico più o meno stimolante in cui è immerso.

Il che rende difficile prevedere con certezza l’esatto sviluppo linguistico del minore.

Ma cosa succede quando i genitori si scoprono nel loro bambino evidenti difficoltà nel linguaggio, quando cioè questi tarda a parlare o pronuncia male o maniera indecifrabile parole anche semplici?

La Logopedia e i logopedisti esistono proprio per questo: sostenere il bambino attraverso una terapia riabilitativa programmata, fatta di semplici ma fondamentali esercizi ad hoc, studiati apposta affinché il bambino possa appropriarsi del “codice lingua” e migliorare, quindi, sensibilmente le proprie chance comunicative.

La prima e l’ ultima tappa di ogni terapia passano dal logopedista, che, con esercizi mirati e suggerimenti sullo stile di vita, accompagna, attraverso un training specifico, il bambino alla corretta padronanza degli strumenti espressivi.

Gli esercizi di logopedia sono scelti di volta in volta, in base alle necessità del bambino, ma gli obiettivi sono sempre gli stessi. Ci sono esercizi logopedici per tutte le esigenze, tutti più o meno compatibili tra di loro, ma differenziati,  a seconda del deficit palesato, attraverso cui il logopedista procede al recupero funzionale del linguaggio:

  • esercizi per lo sviluppo della memoria e dell’attenzione;
  • esercizi per lo sviluppo della percezione uditiva;
  • esercizi per lo sviluppo della laterità
  • ;esercizi per lo sviluppo dell’organizzazione spazio temporale;esercizi per sviluppo percezione della direzione, dimensioni fisiche e organizzazione spaziale;
  • esercizi di educazione allo schema corporeo;
  • esercizi di stimolazione delle capacità motorie;
  • esercizi di riscaldamento logopedico;
  • esercizi per lo sviluppo delle capacità linguistiche.

Lo specialista in Logopedia somministra esercizi specifici sia per orientare e valutare lo sviluppo linguistico del bambino, sia in comprensione che in produzione, che per analizzare il linguaggio in diverse situazioni, identificando eventuali fattori che rallentano lo sviluppo linguistico.

Obiettivo degli esercizi di logopedia è quello di costruire memoria, alfabeto, fonetica e articolazione della voce. Esercizi tipici che la logopedia racchiude in tre famiglie principali:

Attività di stimolazione linguistica:

Il terapeuta coinvolge il bambino in una conversazione giocosa, utilizzando libri, immagini, oggetti, pupazzi e giochi di ruolo. L’idea di base, è quella di colmare il gap cognitivo del bambino rispetto al vocabolario.

Combinazioni di parole sono spesso utilizzate per creare la consapevolezza della sintassi e della semantica del linguaggio. Pronuncia corretta ed esercizi di ripetizione sono, invece, impiegati per migliorare la fluenza.

Attività di stimolazione foniatrica:

questi esercizi che fare con la produzione del suono e fonetica. I terapisti correggere il suono e sillabe, durante le attività di gioco.
Dimostrazioni sul movimento della lingua, per produrre suoni specifici, sono dati.Attività di stimolazione motoria: include esercizi di rafforzamento muscolare. Alcuni terapisti utilizzano diverse texture alimentari per aiutare i ragazzi a capire i processi di mangiare e di deglutizione o attraverso appositi test psicomotori tesi a stimolare la percezione spazio-temporale.

Attraverso esercizi di logopedia ad hoc, il “medico del linguaggio” insegna ai piccoli pazienti a gestire la voce in tutte le occasioni e a prevenire disturbi futuri, lavorando sulla postura e sui muscoli del corpo e del collo, nonché sulla respirazione (utilizzando correttamente il diaframma, il muscolo che fa espandere i polmoni.
In logopedia, aldilà dei diversi approcci al recupero funzionale del bambino, esiste tuttavia un denominatore comune.

Tutti gli esercizi  sono  integrati con l’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi: le attività e gli strumenti ludico-formative. Ed è qui che il gioco, in quanto attività plastica e congeniale all’individuo negli anni di crescita, diviene strumento terapeutico impareggiabile in Logopedia.

La partecipazione ludica alla terapia rieducativa è, infatti, condizione indispensabile per raggiungere i risultati desiderati.

Imitazione e primo linguaggio favoriscono la nascita del pensiero astratto e della rappresentazione mentale, quindi della consapevolezza del mondo circostante.

Il gioco nella logopedia esplica, inoltre, un’ineludibile funzione sociale: lo scambio relazionale che si instaura giocando favorisce la creatività del bambino e lo rende protagonista attivo del gioco stesso, in cui l’apprendimento si lega alla capacità di imparare inventando, riapplicando in modo originale ciò che ha appreso: movimento, attività mentali, linguaggio.

Lo sviluppo linguistico nel bambino, si è detto, non è né rigido né uniforme, ma varia da bambino a bambino. L’età di acquisizione del linguaggio non va quindi  considerata rigidamente.  Spesso, però,  quando si è genitori e si pensa che lo sviluppo linguistico del proprio bambino sia lento o irregolare, si agisce di impulso: ci si confronta con altri genitori, parenti o con il medico pediatra, si fanno ricerche, si applicano rimedi “logopedici” fai da te.

Il primo ostacolo da abbattere è l’ansia, sempre comprensibile ma spesso esasperata, di mamma e papà di risolvere la “disfunzione” senza attendere che siano decorsi gli opportuni tempi “biologici”.  Ma quando il problema è reale e l’intervento della logopedia indispensabile, il ruolo dei genitori non può che rappresentare una risorsa “terapeutica” insostituibile.

Mamma e papà, insistono gli specialisti, possono molto nel recupero del bambino che inizia a presentare disfluenze ed esitazioni verbali , accompagnandolo quotidianamente e responsabilmente nel percorso terapeutico.

Di seguito  suggeriamo una rassegna di consigli e raccomandazioni utili ai genitori per allenare/guidare il bambino logopatico alla corretta acquisizione del linguaggio attraverso percorsi di logopedia continui, più diretti e meno invasivi:

  • mostrate disponibilità all’ascolto ed affezione incondizionata al bambino;adottate un linguaggio semplice, rallentato in presenza del bambino, offrendo un “modello” verbale chiaro e preciso, in particolare dopo aver ascoltato la difficoltà del bambino, senza scadere nell’artificiosità e “stranezza”.
  • Modellate il linguaggio senza anormalità, lentamente e con frequenti pause d’accentazione;modellate l’eloquio in modo disteso, consigliando la stessa modalità agli altri membri della famiglia;evitate che il bambino acquisti familiarità al “suono” del suo linguaggio, fissandolo acusticamente;
  • privilegiate un vocabolario elementare e frasi corte;
  • non interrompete o anticipate le frasi o finire il discorso del bambino.
  • Rispettate i “turni” d’inserimento verbale e non sovrapponetevi mentre si parla;attendete che formuli la frase o discorso con disponibilità e attenzione;utilizzate pause nel discorso e nella comunicazione, aumentando la pause tra una richiesta e la su risposta, offrendo una minore pressione “temporale” al “linguaggio” del bambino che percepirà un clima di distensione e tranquillità.
  • commentate singole situazioni o momenti del fare, piuttosto che porre frequenti domande che affaticano il bambino;
  • durante i momenti di maggiore difficoltà verbale offrite al bambino le più ampie occasioni di linguaggio e la possibilità di parlare liberamente stimolato da percorsi ludici a lui particolarmente interessanti e gradevoli;
  • organizzate percorsi e momenti di attività non-verbali, di costruzione, ecc., che possano “scaricare” ed alleggerire la tensione verbale, valorizzando forme comunicative alternative;evitate “competizioni verbali” . Ad es. obbligare a raccontare eventi ad amici o parenti, al fine di limitare e contenere la «pressione» del livello di costruzione verbale del bambino;
  • evitate reazione emotive ai blocchi verbali come una particolare mimica del volto, distogliendo lo sguardo, ecc;preparate il bambino ad affrontare situazioni nuove simulando l’evento, tranquillizzando i suoi livelli d’eccitazione ed ansia naturali,non evidenziate al bambino le sue difficoltà verbali. Invitandolo alla “calma”, a “prendere il fiato”, “a parlare lentamente”, ad “aprire di più la bocca”, “a rallentare”, a “pensare a quello che deve dire” si comunica la sua diversità, si comunicano forti livelli d’ansia che appartengono all’adulto ma non al bambino che “vive la difficoltà” ma non la “prova” ancora. Il bambino potrebbe equivocare la natura dello stimolo interpretandolo come un rimprovero;le pressioni dei genitori spingono il bambino a prendersi carico della sua esecuzione verbale, compromettendo il carattere di spontaneità e naturalezza della comunicazione;
  • se il bambino sottolinea la sua difficoltà verbale, presentategli il fatto che tutte le persone hanno difficoltà ed esitazioni verbali quando stanche o particolarmente agitate;evidenziate le sue qualità, capacità e punti di forza;ricordate che molti bambini fino a 6/7 anni presentano disfluenze normali fisiologiche e di sviluppo in un quadro personale assolutamente normale e non logopatico. Difficoltà che regrediscono naturalmente all’interno di relazioni parentali positive e serene.dimostrate il piacere di comunicare durante le situazioni routinarie (vestirsi, mangiar, lavarsi, andare a dormire);
  • sfruttate i diversi contesti che si creano durante la giornata per descrivere e raccontare ciò che vi circonda (una passeggiata al parco, andare a fare la spesa, preparare la torta);proponete canzoncine e filastrocche abbinandovi gesti e mimica che diano significato alle parole;proponete libri figurati e commentateli con lui..

Centro logopedico Specialistico per infanzia e adulti a Milano .

Fonte: http://www.controcampus.it/2013/12/logopedia-esercizi-di-logopedia-e-consigli-per-genitori/
In collaborazione con Matteo Napoli

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LABORATORIO PER BAMBINI DAI 3 AI 5 ANNI A MILANO

Settembre 12, 2017 in Doposcuola Milano, EMOTIVITÀ, laboratori, laboratorio 3-5 anni Milano, laboratorio prescolastico, leggere, Milano, percezione attenzione, psicologia infanzia, scuola, teatroterapia da admin

LABORATORIO PRE-SCUOLA BAMBINI 3 -5 ANNI A MILANO

LABORATORIO PRE-SCOLASTICO PER BAMBINI 3-5 ANNI

IMPARARE È DIVERTENTE 😊

Pronti per la Scuola!
Martedì dalle 16.30 alle 18.30
Mercoledì dalle 16.30 alle 17.30

Il Centro Amamente, centro per l’infanzia e la famiglia, propone da Settembre 2017 un divertente laboratorio in piccolo gruppo attraverso il quale i piccoli tra i 3 e i 5 anni impareranno giocando e miglioreranno le loro abilità nel linguaggio, nel disegno, nel movimento, nella capacità di gestire le emozioni e rispettare le regole, nell’attenzione, prerequisiti fondamentali per qualsiasi apprendimento future (lettura, scrittura, calcolo ecc).

Laboratorio 3 -5 anni -Linguaggio, attenzione, pre lettura, pre scrittura, Milano

Tra le varie attività, condotte da educatrici e psicologhe specializzate in età evolutiva, verranno proposte:

Manipolazione
Disegno e pittura
Gioco simbolico e di ruolo (travestimenti, creazione di piccole scenette..)
Giochi di attenzione
Ampliamento del vocabolario
Giochi di ritmo e musicalità
Giochi di movimento e psicomotricità
Pre-calcolo
Pre-lettura
E……. tanto altro!😊

 

Costo: 20€ l’ora

Dove: Centro Amamente, Viale Monza 91, Milano (M1 Rovereto)

Info: centroamamente@gmail.com

Dott.ssa Anna La Guzza, Centro Amamente psicologa coordinatrice d’équipe

Cell. 3311842704

LABORATORIO PER BAMBINI SULLE EMOZIONI

da admin

I NUOVI SERVIZI DEL CENTRO PSICOLOGICO AMAMENTE

Marzo 18, 2017 in aiuto compiti a domicilio milano, centro Dsa milano, Centro logopedia milano, Centro psicologia positiva, centro psicomotricità milano, diagnosi, dislessia, Disturbi.Logopedia, Esercizi logopedia, logopedia milano, logopedista milano, Milano, psicologia infanzia, psicologia milano, psicoterapia, rinnovo certificazioni, Trattamenti di psicologia, trattamenti logopedici milano, trattamento disturbi d’ansia a milano da admin

Centro Diagnosi Psicologia infanzia e adolescenza Milano

 

 – CENTRO PSICOLOGICO LOGOPEDICO AUTORIZZATO – DIAGNOSI DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO DSA MILANO. 

 

  •  BREVI COLLOQUI TELEFONICI INFORMATIVI GRATUITI

Intravedi nel tuo bimbo qualche problematica di apprendimento e vorresti il consiglio di un esperto?

 

S.O.S – DISLESSIA – DSA?

  • PERCORSI DI POTENZIAMENTO

Tutte le risorse sono dentro di noi e attraverso questo cammino di potenziamento il bambino potrà scoprire le proprie virtù per affrontare al meglio il suo futuro!

  • SOSTEGNO ALLE EMOZIONI E AI GENITORI.

Centro Amamente propone un percorso di sostegno alle emozioni e all’autostima dedicato ai più piccoli, sia individuale, che di gruppo, per riscoprire i propri talenti. Un percorso di sostegno è pensato anche per igenitori, dedicato alla famiglia, alla coppia genitoriale o al singolo genitore.

– S.O.S EMOZIONI? – S.O.S GENITORI?

  • CONFERENZE GRATUITE E SCREENING

Vuoi fare un bel regalo alla tua scuola? Una conferenza gratuita o un progetto di Screening per esempio!

Scrivi a centroamamente@gmail.com e dai un’occhiata alle nostre proposte:

  • IN CAMMINO VERSO LA FELICITA’

Centro Amamente propone un percorso di potenziamento dell’intelligenza emotiva,

aperto a tutti coloro che vogliono mettersi

in cammino verso la felicità.

Un’occasione di scambio e di crescita.

  • LABORATORIO TEATRALE PER BAMBINI E RAGAZZI

Le novità non sono finite! Da quest’anno bambini e ragazzi dagli agli potranno iscriversi al nostrolaboratorio di educazione alla teatralità!

 Scopri di più e inizia a creare con la fantasia….😊

www.centroamamente.it

http://www.centropsicologicomilano.it

 

Amamente Centro di Psicologia Positiva per l’Infanzia e la Famiglia
Direttrice d’équipe Dott.ssa Anna La Guzza 3311842704

da admin

Abilitazione Cognitiva: Attenzione e Memoria

Ottobre 17, 2013 in EMOTIVITÀ, Milano, psicologia milano da admin

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ABILITAZIONE COGNITIVA

 

 

 

L’abilitazione cognitiva comprende tutti quegli interventi e strumenti tesi a stimolare le capacità cognitive con particolare riferimento alla memoria, all`orientamento spaziale e temporale, all`attenzione e alle abilità graficheL’ abilitazione Cognitiva si fonda sul principio di “plasticità cerebrale” secondo il quale il cervello umano “danneggiato” possiede la capacità di riorganizzarsi in risposta a specifici stimoli che permettano di rafforzare o compensare capacità cognitive compromesse, migliorando la funzionalità del paziente.

Possiamo pensare all’Abilitazione Cognitiva in analogia alla Fisioterapia; come quest’ultima si configura come una forma di “ginnastica per riabilitare il corpo”, la Riabilitazione Cognitiva appare come una “ginnastica per il cervello”.